PARLA IL PRESIDENTE ANDREA DELL’ORTO: “LE UNITÀ VENDUTE SONO SCESE DEL 40% DA PRIMA DELLA CRISI. SUI VEICOLI DI FASCIA BASSA LA CONCORRENZA ASIATICA È FUORI PORTATA. PER QUESTO DOBBIAMO PUNTARE TUTTO SUI PRODOTTI A VALORE AGGIUNTO E CONTENUTI HI -TECH”
«Sì, certo i numeri non sono ancora alti ma la crescita è importante. Tutti stanno introducendo modelli elettrici sia per i privati che per i servizi di sharing nelle città: qui la penetrazione dell’elettrico è del 60% circa». Andrea Dell’Orto è il presidente dell’Ancma, l’associazione confindustriale delle due ruote made in Italy. È a sua volta esponente della filiera della componentistica: i carburatori Dell’Orto hanno fatto la storia del motociclismo in Italia. E quella dell’elettrico è la seconda rivoluzione che vive in pochi anni, dopo l’avvento dell’elettronica. «A inizio degli anni Novanta i carburatori sono stati sostituiti dall’elettronica dei sistemi ad iniezione. Oggi si utilizzano ancora quasi solo in India, ma ancora per poco».
La componentistica italiana è pronta a seguire l’industria dei produttori di moto e scooter?
«Certo. Noi per esempio abbiamo portato le nostre competenze elettroniche in componenti che serviranno anche, anzi di più, nei nuovi motori, come i sistemi di telemetria, con la gestione di tutti i sensori che verranno installati a bordo delle moto e degli scooter, per la manutenzione e anche, tra poco, per la guida intelligente».
Su che mercato arriva questa accelerazione di Piaggio sull’elettrico?
«Su un mercato che vive una doppia situazione. I numeri dicono che dai tempi precisi le unità vendute sono scese del 40%. È entrata in crisi la moto come mezzo di trasporto, quella che faceva i grandi numeri con scooter e piccole cilindrate. Cresce il mercato che chiamiamo “di passione”: le moto di grande cilindrata non vengono comprate per necessità, ossia per soddisfare esigenze di mobilità. Il valore è molto più alto ma come quantità è un mercato più piccolo. Ora i motori elettrici potrebbero far ripartire il mercato primario. Già oggi il 60% delle flotte dei servizi di sharing sono elettrici. Qui il problema è che su questi mezzi piccoli ed economici la concorrenza asiatica ha sbaragliato tutti. D’altra parte i numeri sono questi: il mercato delle due ruote vale a livello mondiale 20 milioni di unità vendute l’anno. L’Europa ne vale appena 1,3 milioni. Per questo il nostro futuro resta nell’alto di gamma».
La crescita è sensibile?
«L’anno scorso in Italia abbiamo venduto 2.500 moto elettriche, e valiamo il 7,2% del totale del mercato Europa in questo settore, che è stato di 34.722 motoveicoli elettrici venduti. Va detto che Francia, Paesi Bassi, Belgio e Spagna vanno molto meglio di noi. Tutti perché sono più avanti di noi nella diffusione delle colonnine di ricarica».
Che tipo di convergenza ci può essere tra scooter elettrici per la mobilità urbana e bici elettriche?
«Le bici a pedalata assistita hanno fatto ripartire quel comparto: l’anno scorso in Italia si sono vendute 150 mila bici elettriche a fronte di 3 mila moto. Ma sono mercati che dovrebbero restare separati. O meglio, ci dovrebbero essere regole chiare per distinguere una bici, che si utilizza sulle piste ciclabili, senza casco e senza oneri di immatricolazioni, da un ciclomotore. Per essere chiari, le regole ci sarebbero pure: una bici a pedalata assistita non deve essere dotata di un acceleratore per dosare l’erogazione di potenza. Quello che manca sono i controlli. Ma assieme tutti questi prodotti stanno creando domanda aggiuntiva. E anche iniziative trasversali interessanti: i grandi marchi dell moto, Ducati, Piaggio, Yamaha, stanno lanciando bici elettriche legate al loro marchio».
Repubblica, Affari & Finanza – 15/10/18